Soro: “Pochi rischi per la privacy, i cittadini devono collaborare. E stop al fai-da-te delle Regioni”

Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Di Giovanna Vitale, La Repubblica, 18 aprile 2020)

Presidente Soro, la app scelta dal governo è sicura? Affidandosi a uno smartphone, i nostri dati sensibili non rischiano di diventare di dominio pubblico o essere utilizzati in modo poco ortodosso?

“Intanto una premessa: io non conosco la app su cui è caduta la scelta del governo. Nella fase della selezione, però, l’ufficio del Garante ha avuto una intensa interlocuzione con il ministero dell’Innovazione, al quale abbiamo fornito indicazioni molto chiare rispetto sia alla tutela dei dati personali, sia alla migliore tecnologia per garantirla. Un orientamento peraltro condiviso dalla Commissione europea e mi pare recepito da Immuni, che punta a privilegiare il sistema bluetooth con la pseudonimizzazione dei dati identificativi”.

Quali sono queste indicazioni?

“Le regole fissate dall’Europa per il tracciamento: no alla geolocalizzazione, sì alla tecnologia bluetooth, anonimato e volontarietà”.

Se l’app viene installata su un telefono che è associato a una sim, come si garantisce l’anonimato?

“Il sistema di tracciamento con la pseudonimizzazione dei dati identificativi funziona così: ogni 15 minuti il bluetooth rilascia un codice alfanumerico. Questa sequenza di codici resta immagazzinata su ogni singolo telefonino. Viene decodificata solo quando si individua un positivo e allora occorre ricostruire la catena epidemiológica dei suoi contatti”.

E come si fa a ricostruirla?

“Incrociando tutti i codici identificativi (e anonimi) che nell’ultimo periodo sono entrati in contatto con la persona infetta. A quel punto sulla app del potenziale contagiato, identificato con un codice alfanumerico, comparirà un avviso che segnala il rischio. La app, ricordo, è stata ceduta allo Stato: il gestore è pubblico. Non solo. Noi abbiamo anche chiesto che una volta che tali dati abbiano esaurito il loro ciclo vengano distrutti”.

Come si farà a convincere la gente a scaricare la app?

“Lo scopo del tracciamento coincide con l’esigenza di sottoporre ad accertamenti quanti siano entrati in contatto con un soggetto positivo o, comunque, di adottare le misure utili a prevenire il contagio. Ma il sistema funziona solo se verrà adottato da almeno il 60% degli italiani. Ai quali bisogna far capire che il diritto alla salute è un interesse collettivo: solo se lo perseguiamo tutti, in modo solidale, riusciremo a centrare l’obiettivo. Da qui anonimato e volontarietà come principi cardine”.

Ma basta una app per tenere sotto controllo il virus?

“No, sono necessarie una serie di azioni complementari, a partire dai test diagnostici dei potenziali contagiati. Si possono infatti raccogliere tutti i dati del mondo sui potenziali infetti, ma se poi non si hanno le risorse, o persino i reagenti, per accertarne renettiva positività non si va molto lontano. Inoltre non tutti dispongono di uno smartphone, specie gli anziani: il che rende il tracing uno strumento importante ma non l’unico”.

Quale pensa che sia il rischio principale?

“Ciò che mi preoccupa è il fatto che tutte le Regioni stanno adottando specifiche app regionali che contrastano con la strategia che occorre seguire in queste circostanze. Ovvero uniformare al massimo i comportamenti per inserire il da ta tracing in una strategia più generale che ci consenta di scongiurare nuovi focolai. Ma se ogni regione adotta la sua app e si fa il suo tracciamento, il potere persuasivo viene meno e il rischio di trattamento scorretto dei dati aumenta a dismisura”.

Fonte: Garante Privacy

Coronavirus, scelta l’app per il tracciamento dei contagi: si chiamerà Immuni

16 Aprile 2020

Progettata da Bending Spoons: il commissario Arcuri ha firmato l’ordinanza. Funziona con il Bluetooth e non sarà obbligatoria

Si chiamerà Immuni l’app di contact tracing necessaria a tenere sotto controllo la diffusione del virus durante la Fase 2. Il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria Domenico Arcuri ha firmato oggi l’ordinanza con cui dispone la stipula del contratto di cessione gratuita della licenza d’uso sul software e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons, la quale si occuperà anche degli aggiornamenti necessari nel corso dei mesi.

Non sarà obbligatoria
Si tratta del progetto selezionato dal gruppo di esperti insediato al dicastero dell’innovazione, proposto al premier dalla ministra Paola Pisano il 10 aprile e ora sottoposto al vaglio del team Colao. La app Immuni, che non sarà  obbligatoria, ma scaricabile solo in modo volontario, si compone di due parti. La prima è un sistema di tracciamento dei contatti che sfrutta la tecnologia Bluetooth.

Funzionerà con il Bluetooth
Attraverso il Bluetooth è possibile rilevare la vicinanza tra due smartphone entro un metro e ripercorrere a ritroso tutti gli incontri di una persona risultata positiva al Covid-19, così da poter rintracciare e isolare i potenziali contagiati. Una volta scaricata, infatti, la  app conserva sul dispositivo di ciascun cittadino una lista di codici identificativi anonimi di tutti gli altri dispositivi ai quali è stata vicino.

Il diario clinico
La seconda funzione di Immuni, invece, è un diario clinico contenente tutte le informazioni più rilevanti del singolo utente (sesso, età, malattie pregresse, assunzione di farmaci) e che dovrebbe essere aggiornato tutti i giorni con eventuali sintomi e cambiamenti sullo stato di salute.

I test
L’app sarà “un pilastro importante nella gestione della fase successiva dell’emergenza”, ha spiegato il commissario Arcuri, precisando che verrà prima avviata una sperimentazione in alcune regioni pilota. “Speriamo in una massiccia adesione volontaria dei cittadini”, ha proseguito l’ad di Invitalia, sottolineando come “il sistema di tracciamento dei contatti ci servirà a capitalizzare l’esperienza della fase precedente ed evitare che il contagio si possa replicare”. Per essere efficace, infatti, Immuni dovrà essere scaricata dal 60 per cento degli italiani. Un’impresa non certo non semplice.Fonte: Repubblica

“Le app degli spostamenti solo su base volontaria” – Intervista ad Antonello Soro

Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Di Valentino Di Giacomo, Il Mattino, 17 aprile 2020)

“Bisognerebbe adottare – e presto – una disciplina uniforme a livello nazionale che impedisca disparità di trattamento tra cittadini su base territoriale e assicuri garanzie equivalenti per tutti. C’è stata, invece, una proliferazione di iniziative”. Antonello Soro guida da otto anni l’autorità per la protezione dei dati personali. Il Garante della privacy ha letto l’inchiesta pubblicata ieri dal Mattino sui meccanismi adottati in Campania per tracciare i possibili spostamenti di chi ha contratto il Covid-19, ma teme che di questo passo non si riuscirà a tenere il conto delle tante iniziative regionali, con seri rischi sul profilo della sicurezza dei nostri dati. Fughe in avanti che potrebbero pregiudicare gli obiettivi comuni.

Attualmente la mappatura attiva in Campania avviene in forma anonima, senza associare i dati degli spostamenti a un nominativo. Lo ritiene un buon metodo?

“Il sistema cui fa riferimento l’articolo del vostro giornale sembra diverso dal “contact tracing” vero e proprio, in quanto funzionale alla localizzazione di coloro ai quali siano imposte misure di permanenza domiciliare e non, invece, alla ricostruzione della catena dei contagi. Anche tale soluzione deve però mantenersi entro il perimetro normativo, garantendo la proporzionalità e non eccedenza del trattamento dei dati”.

Resta il problema che una guida univoca a livello nazionale per affrontare questo tema non esista ancora. Teme che, come in Campania, possa svilupparsi un fai-da-te regionale che possa creare ancor più confusione?

“Ad ora ci sono tante iniziative. A ciascuna di esse, mi chiedo, è seguita effettivamente un’autonoma valutazione d’impatto privacy, l’individuazione di server sicuri nei quali allocare i dati in maniera protetta, impedirne usi a fini diversi e cancellarli non appena ne cessi l’utilità? Di fronte a una pandemia che esige un coordinamento almeno in ambito europeo, sarebbe contraddittorio differenziare – addirittura a livello regionale – le modalità di azione”.

Il Governo, su impulso del ministero dell’Innovazione, ha istituito una Commissione straordinaria denominata “Data Drive” al fine di sviluppare un’app che possa servire a tracciare gli spostamenti. Quali spunti ha dato il Garante?

“L’Autorità partecipa ai lavori della Commissione, in una posizione del tutto distinta da quella degli esperti di nomina ministe riale, per esprimere le esigenze di protezione dati sin dalla fase di scelta della soluzione da adottare. In quella sede, abbiamo in particolare indicato come preferibili le misure basate sulla volontaria adesione del singolo, sulla conservazione “in locale” del diario dei contatti, sui dati blue tooth (pseudonimizzati), in quanto maggiormente selettivi e, dunque, di minore impatto sulla privacy”.

Il cittadino può quindi rifiutare di essere mappato pur avendo contratto il virus e rappresentando un potenziale pericolo per la collettività? Non ritiene debba essere obbligatorio pur pregiudicando alcune libertà individuali?

“L’indicazione fornita alla Commissione è che siano preferibili soluzioni fondate sulla volontaria adesione del singolo, anche perché misure basate sui dati raccolti dai dispositivi mobili (che presuppongono dunque la costante presenza del telefono accanto a noi) sono diffìcilmente coercibili. Il contact tracing necessita dell’adesione di circa il 60% della popolazione: se si riesce a sensibilizzare tale quota di cittadini, il risultato potrebbe essere a un tempo rispettoso della privacy e proficuo per il contenimento dei contagi”.

L’Ue sta provando anche a creare un’unica app per l’intera Unione Europea. Avremmo uguali garanzie a quelle che abbiamo in Italia circa la tutela della privacy? Sarebbe una buona soluzione?

“L’ipotesi di un’app paneuropea non comporterebbe in alcun modo una riduzione delle garanzie di protezione dati. La disciplina della materia è, infatti, ormai di fonte direttamente europea e dunque gli Stati mèmbri applicano tutti la stessa disciplina, salvo limitati margini di dif ferenziazione. Peraltro, con riferimento al contact tracing, il Comitato europeo per la protezione dati ha condiviso un approccio assolutamente conforme a quello da noi indicato”.

Diritto alla salute e diritto alla privacy: saremo costretti a scegliere o esiste una terza via?

“La potenziale contrapposizione tra privacy e salute pubblica è il riflesso della più generale tensione tra libertà individuali e interessi collettivi, che solo la democrazia può rendere equilibrio, se non addirittura in sinergia. La sfida di oggi è nel garantire che i diritti individuali siano limitati nella (sola) misura necessaria a salvaguardare quante più vite umane possibili. La disciplina di protezione dati già comprende al suo interno le limitazioni necessarie a garantire istanze solidaristiche quali quelle espresse dalle esigenze di salute pubblica, secondo i criteri della proporzionalità, precauzione e temporaneità”.

Fonte: Garante Privacy

Scuola, nota Miur 4799 su Pon per la scuola e possibilità di formazione a distanza per emergenza Covid-19

16 Aprile 2020

Il Ministero dell’Istruzione (Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione -Direzione generale per i fondi strutturali per l’istruzione, l’edilizia scolastica e la scuola digitale) ha provveduto ad emettere la Nota N. 4799 del 14 aprile inerente al PON (Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020) e avente come oggetto ‘Possibilità di formazione a distanza durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19′.

La nota, come riferisce un comunicato diffuso da Flc-Cgil, è stata adottata dopo aver consultato i servizi della Commissione europea e le autorità nazionali preposte al controllo e al coordinamento dei Fondi strutturali e di investimento Europeo.

Premesso che le attività finanziate dal PON “Per la Scuola” 2014-2020 e dal relativo programma complementare (POC), riguardano l’ampliamento dell’offerta formativa, l’Autorità di Gestione segnala che le scuole possono svolgere le azioni del PON in modalità on line e mediante formazione a distanza purché siano rispettate le seguenti condizioni poste dagli Uffici della Commissione europea:

  • le attività formative inizialmente previste in presenza, devono essere relative alla tipologia di Unità di Costo Standard (UCS) “Formazione per adulti” e “Formazione d’aula” (l’indicazione si trova, generalmente, nella nota di ammissione a finanziamento)
  • la piattaforma informativa scelta deve consentire:
  1. l’interazione sincrona tra docenti, tutor e allievi
  2. di tracciare i soggetti collegati e la durata della connessione stabilita
  3. la predisposizione di un’utenza “guest” per eventuali verifiche in itinere, anche a campione, previste nell’ambito del sistema di gestione e controllo del PON “Per la Scuola”

Fonte: Scuolainforma

Perse le mail dei medici di base. Centinaia di casi sospetti di coronavirus svaniti

15 Aprile 2020

La casella di posta era piena, commissariato il Sisp.

La Regione chiede conto a tutte le Asl

Fonte: La Stampa

In Italia crescono i cyber-reati contro la persona e le truffe finanziarie

10 Aprile 2020

Lo rilevano i dati contenuti nel bilancio reso noto in occasione del 168esimo Anniversario della Fondazione della Polizia di Stato: nel 2019 sono stati oltre 9 mila i delitti informatici denunciati, con 468 persone sottoposte al vaglio delle Autorità

Nel 2019 ci sono stati 1.181 attacchi di hacker ai sistemi informatici di aziende e enti che rappresentano degli interessi strategici nazionali mentre 91 sono i siti e le pagine che sono state rimossi per cyberterrorismo. Complessivamente sono stati oltre 9 mila i delitti informatici denunciati, con 468 persone sottoposte al vaglio delle Autorità. Tra loro anche i minori: per 136 di loro è infatti scattata la denuncia per atti di cyberbullismo. Il Centro Nazionale per il Contrasto della pedopornografia on line (Cncpo) ha coordinato 514 attività d’indagine che hanno condotto a 37 arresti e 626 denunce. Sono stati analizzati 47.267 siti internet con l’inserimento di 2.295 spazi web illeciti nella black list per inibirne l’accesso dal territorio italiano. Si tratta solo dei principali tra i dati contenuti nel bilancio reso noto in occasione del 168esimo Anniversario della Fondazione della Polizia di Stato.

In evidenza i reati contro la persona

Particolarmente significativi, come riportato da Adnkronos e Ansa, sono i dati relativi ai fenomeni di adescamento on line, con 126 casi trattati, 189 indagati di cui sei arrestati. Nell’ambito del contrasto dei reati contro la persona perpetrati sul Web, sono state indagate 1.129 persone, di cui sei arrestati, e 361 per aver commesso estorsioni a sfondo sessuale, stalking, molestie, minacce e ingiurie. Risultano in costante aumento le diffamazioni on line, soprattutto ai danni di persone che ricoprono incarichi istituzionali o comunque conosciute dal grande pubblico: 2.502 i casi trattati e 770 le persone indagate. Particolare rilevanza ha assunto l’attività di contrasto al revenge porn, fenomeno in continua crescita, per il quale sono 24 gli indagati.

Purtroppo, sottolinea la Polizia postale, i dati non rispecchiano la gravità e l’estensione del fenomeno, a causa della ritrosia delle vittime a denunciare. Grande impegno è stato dedicato al contrasto dei reati d’incitamento all’odio: oltre duemila gli spazi virtuali monitorati per condotte discriminatorie di genere, antisemite, xenofobe di estrema destra. Si registra la continua crescita delle truffe on line: sono state ricevute e trattate oltre 196 mila segnalazioni che hanno consentito di indagare 3.730 persone. Sempre più sofisticate sono state le condotte fraudolente com-messe sulle piattaforme di e-commerce. Sono aumentate le cosiddette truffe romantiche, che vedono come vittime donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni, circuite da uomini conosciuti in Rete e indotte con stratagemmi sentimentali a versare ingenti somme di denaro a truffatori senza scrupoli.

Continuano a crescere le truffe legate al trading online

Si è evidenziato inoltre un significativo aumento del fenomeno delle truffe legate al trading on line. Molti utenti della Rete, allettati dalla prospettiva di facili guadagni derivanti da investimenti ”sicuri”, sono caduti nella rete di abili truffatori e finti intermediari finanziari investendo centinaia di migliaia di euro. Con riferimento al financial cybercrime le statistiche fanno registrare 6.854 casi nazionali. La Polizia postale nonostante la difficoltà operativa di bloccare e recuperare le somme frodate, soprattutto verso Paesi extraeuropei (Cina, Taiwan, Hong Kong), grazie alla versatilità della piattaforma Of2Cen (On line fraud cyber centre and ex-pert network) per l’analisi e il contrasto avanzato delle frodi del settore, ha potuto bloccare e recuperare alla fonte circa 18 milioni di euro, su una movimentazione di 21.333.990 euro. Sono in corso attività di cooperazione internazionale finalizzate al recupero delle restanti somme. Inoltre, a seguito dell’adesione a campagne internazionali ad alto impatto come ”Emma 5” (European Money Mule Action), coordinata dal Servizio Polizia postale con la collaborazione di 24 paesi europei e di Europol, sono state identificate, in qualità di money mules e promotori dell’attività criminale 170 persone in Europa, per 43 denunciati di cui 30 arrestati nel territorio nazionale. Le transazioni fraudolente sono state 374, per un totale di circa 10 milioni di euro, di cui circa 3.5 bloccati e/o recuperati grazie alla piattaforma Of2Cen per la condivisione delle informazioni. In materia di cyberterrorismo sono state denunciate sei persone, di cui un arrestato e visionati 36.377 spazi web per individuare contenuti di propaganda islamica, di cui 91 rimossi.

Fonte: Corriere Comunicazioni

Lettera aperta alle istituzioni: la risposta del Presidente Soro

Non si è fatta attendere la risposta del Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, alla lettera aperta inviata dai giuristi Andrea Lisi e Enrico Pelino lo scorso 25 marzo.

Il documento, sottoscritto da diverse Associazioni ed esperti del settore, è stato inviato, oltre al Garante privacy, al Presidente del Consiglio Conte, ai ministri Pisano, Patuanelli e Manfredi, al Commissario Domenico Arcuri e a Invitalia.

Con questa nota, è stato chiesto alle istituzioni coinvolte varie considerazioni in tema di protezione dei dati personali e trasparenza alla luce della possibilità di adottare in Italia un sistema di tracciamento informatico dei cittadini sul modello Sudcoreano, sul quale si percepisce un significativo rischio di derive e utilizzi gratuiti.

Qui di seguito la risposta integrale del Presidente Antonello Soro, che ringraziamo per l’attenzione e la cortesia.

 

Gentili Avvocati,

la Vostra nota del 25 marzo mi induce a formulare alcune considerazioni, che spero possano risultare utili al dibattito, di questi giorni, sul rapporto tra protezione dati e misure di contenimento dei contagi da covid-19.

Molte delle osservazioni contenute nella nota sono da me condivise (e, peraltro, più volte affermate in queste settimane e in dichiarazioni rese alla stampa o agli organi parlamentari, come nel caso dell’audizione tenuta l’8 aprile dinanzi alla IX Commissione della Camera dei deputati). Ma la rilevanza del tema e la mia intima convinzione dell’utilità, in ogni circostanza, del dialogo mi inducono comunque, a sottolineare alcuni aspetti di merito.

Premetto che in assenza di misure ancora, allo stato, concretamente adottate, stiamo da circa un mese ragionando su ipotesi, variate peraltro sensibilmente nel corso delle settimane. La soluzione su cui, negli ultimi giorni, il Governo pare stia convergendo (ovvero quella di un’app volontariamente attivabile, che raccolga dati bluetooth pseudonimizzati) è sensibilmente diversa dalle misure ipotizzate meno di un mese fa e sulle quali ho avuto modo di esprimere, in più di un’occasione, perplessità e rilievi. Sin dall’inizio, ho potuto chiarire che qualsiasi soluzione adottata a fini di prevenzione epidemiologica non possa che rispettare rigorosamente i criteri di necessità, adeguatezza, proporzionalità e temporaneità prescritti dall’ordinamento interno e da quello europeo per la legittimità di tali misure.

In questo senso, dunque, rispetto al Vostro monito a non “dar carta bianca” a qualsiasi soluzione di tracciamento, credo Vi si possa rassicurare rilevando come tale atteggiamento sia assolutamente estraneo al Garante ma anche, ritengo, allo stesso Governo, cui non mi sentirei di imputare un’azione sprovveduta o, peggio, sprezzante del diritto alla protezione dati.  

In ordine alla distinzione, anche da Voi tracciata, tra finalità repressiva e finalità solidaristica della misura, richiamo le considerazioni svolte nella citata audizione, circa la natura relazionale del giudizio di proporzionalità, per questo inevitabilmente condizionato dal grado di meritevolezza e utilità sociale dello scopo sotteso al trattamento. Nell’audizione, peraltro, ho avuto modo di apprezzare il fine sotteso a sistemi di data tracing volti non già a sanzionare la violazione degli obblighi di permanenza domiciliare, ma a ricostruire la catena dei contagi per sottoporre ad accertamenti i potenziali positivi. Si perseguirebbe infatti, in tal modo, quella componente solidaristica del diritto alla salute quale interesse collettivo – valorizzata dalla giurisprudenza costituzionale sugli obblighi vaccinali -e che Aldo Moro, in Assemblea Costituente, ben sottolineò non potersi disgiungere dal rispetto della dignità umana.

Quanto alla paventata pervasività della misura, la soluzione ultimamente ipotizzata non contempla affatto la generalizzata mappatura degli spostamenti, ma la sola acquisizione dei dati (pseudonimizzati) sulle interazioni più strette, ricavabili tramite la funzionalità bluetooth che volontariamente si scelga di attivare sul proprio dispositivo. Per altro verso ho sempre chiarito, in ogni circostanza (da ultimo, in audizione) come la soluzione tecnologica non possa in alcun modo disgiungersi da una risposta sanitaria adeguata. Sono assolutamente convinto che il tracciamento dei dati non avrebbe alcuna utilità in assenza di risorse umane (e persino di reagenti!) per accertarne l’effettiva positività dei cittadini venuti a contatto con persone infette.

Ho anche rilevato come tali misure (la cui efficacia si stima dipenda dall’adesione di circa il 60% della popolazione, non necessariamente dalla totalità) siano tanto più utili in un contesto di graduale ripresa delle attività e di mitigazione degli obblighi di permanenza domiciliare. Ma ciò non toglie- va chiarito – che anche nell’attuale regime di lock-down un data tracing così concepito possa rendersi assai utile per contenere i contagi, sempre purtroppo possibili anche nell’ambito di quelle limitate attività oggi consentite, in ragione della particolare capacità virale del coronavirus. Nessuno, infatti, può garantire che nel fare la fila in farmacia possano esservi soggetti inconsapevolmente positivi capaci di trasmettere il virus per via aerosolica o per contatto.

Ancora. Non pare prospettato, allo stato, alcun tipo di utilizzo di questi dati per segnalare assembramenti o zone particolarmente affollate: obiettivo per il quale sono sufficienti i dati anonimi e aggregati acquisibili dai più vari gestori, sulla scorta peraltro di quanto indicato dalla Commissione Ue nella raccomandazione dell’8 aprile.  

Tutt’altro che a un presunto “monitoraggio gratuito”, la misura prospettata pare pertanto preordinata all’individuazione dei possibili contagiati in fase, peraltro, precoce: obiettivo, questo, indispensabile per il contenimento dell’epidemia e, quindi, per la tutela del diritto alla salute ma anche – visto l’alto tasso di letalità del virus- persino alla vita, come hanno sottolineato giuristi dell’autorevolezza di Giorgio Lattanzi.

Non si tratta, dunque, di indulgere ad alcun “monitoraggio di Stato”, ma di non omettere di adottare ogni cautela idonea a limitare il numero di contagi (e quindi di morti), con modalità assolutamente rispettose della riservatezza individuale.

Quanto ai lavori della Commissione istituita dalla Ministra dell’innovazione, rilevo che, allo stato, l’impatto della misura in discussione sui diritti non appare onestamente trascurato.

Circa la trasparenza della composizione (di cui il Garante certo non risponde), posso dire, per quanto ci riguarda, che l’Autorità vi partecipa nella persona del Segretario generale, da me designato quale rappresentante, in una posizione affatto distinta da quella degli esperti di nomina ministeriale, al fine di esprimere, già in quella sede preliminare, le esigenze di tutela del bene giuridico affidato alla cura dell’Autorità.  

Ringraziandovi per la consueta attenzione, spero di aver chiarito alcuni aspetti, di indubbia complessità e in costante evoluzione, dei temi rilevantissimi da Voi rappresentati, colgo l’occasione per porgere cordiali saluti.

Antonello Soro

Roma 9.04.2020

Fonte: Anorc