Garante privacy su proliferazione app di contact tracing

Violano la privacy i trattamenti non coperti dalla normativa nazionale

Il Garante per la protezione dei dati personali, in relazione al fenomeno del proliferare di applicativi di contact tracing da parte di istituzioni pubbliche e soggetti privati, e anche in considerazione del perdurare dello stato d’emergenza disposto dal Governo, ritiene necessario chiarire quanto segue.

L’emergenza COVID-19 non rappresenta automaticamente, e di per sé, una base giuridica sufficiente volta a incidere su diritti e libertà costituzionalmente protette, legittimando trattamenti di dati particolarmente invasivi, quali appunto quelli atti a consentire il tracciamento dei contatti da parte di qualsiasi titolare pubblico o privato.

A tal proposito, questa Autorità, precisa che gli unici trattamenti di dati personali che, allo stato, possano vantare un’adeguata base giuridica, sono esclusivamente quelli che trovano il proprio fondamento in una norma di legge nazionale. Ogni altro trattamento finalizzato al contact tracing risulta pertanto privo di un’adeguata fonte giuridica legittimante e, pertanto, effettuato in violazione della normativa europea e nazionale in materia di protezione dei dati personali.

Roma, 10 agosto 2020

COVID-19: FAQ del Garante privacy su app nazionale di contact tracing e app regionali

Può una Regione consentire l’accesso sul proprio territorio solo a condizione che l’interessato installi e utilizzi una app? La mancata installazione dell’app “Immuni” può comportare conseguenze per l’interessato? Quale è la base giuridica delle altre app, diverse da quelle di telemedicina, utilizzate per il contrasto al Covid 19?

A questi e ad altri quesiti rispondono le Faq pubblicate dal Garante per la protezione dei dati personali sulle problematiche connesse alla realizzazione dell’app nazionale di tracciamento, nonché di altre app da parte di soggetti pubblici o strutture sanitarie.

Le Faq, disponibili da oggi sul sito dell’Autorità www.garanteprivacy.it, contengono indicazioni di carattere generale, anche ispirate alle risposte fornite a reclami, segnalazioni, quesiti ricevuti dall’Ufficio in questo periodo di emergenza.

Riguardo alle app regionali, il Garante ha chiarito che le persone non possono essere obbligate ad installarle e che la mancata installazione non può comportare alcuna conseguenza pregiudizievole per gli interessati o condizionare l’accesso ad aree o territori.

Con specifico riferimento all’app nazionale di contact tracing (app “Immuni”), già autorizzata dal Garante, l’Autorità ha ribadito che la sua installazione è su base volontaria e che dalla mancata installazione non può derivare alcuna conseguenza pregiudizievole (come, ad esempio, limitazioni nella fruizione di beni o servizi).

Le strutture sanitarie che intendono avvalersi di strumenti di telemedicina (app di telediagnosi, teleconsulto, teleassistenza e telemonitoraggio utilizzate dal personale medico) per effettuare diagnosi o terapie a distanza, non devono richiedere uno specifico consenso al trattamento dei dati personali dell’interessato.

Per l’utilizzo di app diverse da quelle di telemedicina (quali, ad esempio, app divulgative o app per la raccolta di informazioni sullo stato di salute della popolazione di un dato territorio), è necessario invece il consenso dell’interessato, il quale deve essere adeguatamente informato sull’uso che verrà fatto dei suoi dati.

L’Autorità ha inoltre sottolineato che le app devono trattare solamente i dati strettamente necessari a perseguire le finalità del trattamento, evitando di raccogliere dati eccedenti (ad esempio, quelli relativi all’ubicazione del dispositivo mobile dell’utente) e limitandosi a richiedere permessi per l’accesso a funzionalità o informazioni presenti nel dispositivo solo se indispensabili.

Amministrazioni pubbliche, Regioni, strutture sanitarie dovranno infine valutare i rischi che potrebbero derivare dall’eventuale trasferimento di dati a terze parti (ad esempio, mediante social login, notifiche push, ecc.), soprattutto se stabilite al di fuori dell’Unione Europea.

Roma, 13 luglio 2020

Fonte: Garante Privacy

Il tifo contro immuni non ha senso – Intervista ad Antonello Soro

Di Salvo Ingargiola, Fortune Italia, 2 luglio 2020

Il soggetto che risulta positivo al Covid-19 fornisce, volontariamente, l’identificativo Imei del proprio dispositivo cellulare all’Asl di competenza che poi è tenuta a trasmetterla al server centrale per consentirgli di ricostruire, tramite un calcolo algoritmico, la rete di contatti. Da qui parte il ‘viaggio’ dei dati sensibili dell’app Immuni, voluta dal Governo per fronteggiare l’emergenza Covid, e autorizzata dal Garante per la protezione dei dati personali. “Le informazioni – chiarisce il Garante, Antonello Soro – non finiscono mai nelle mani di soggetti terzi che non hanno titolo ad acquisirli come Google, Apple o Bending Spoons”, la società che ha materialmente ideato e progetto la App, 150 dipendenti, 90 mln di dollari di vendite nel 2019, detenuta per il 2% dal fondo cinese Nuo Capital.

“Le scelte del Governo italiano, che noi abbiamo condiviso essendosi conformate alle indicazioni da noi rese prima e dopo l’emanazione della norma di riferimento (art. 6 Dl n. 28/2020), sono state anche un punto di riferimento nelle valutazioni fatte dal Board dei garanti europei”, spiega Soro, presidente dell’Autorità che si occupa di proteggere la privacy dei cittadini italiani dal 2012. Sono tante e variegate le nuove sfide legate a questo tema, in un contesto come quello attuale, con nuove opportunità e rischi che arrivano dalla Rete.

Secondo il Garante Soro “sì è vero, lo strumento tecnologico è importante ma è solo il pezzo di una strategia nella quale è fondamentale tutto ciò che avviene a valle. Nel momento in cui si riesce ad avere la collaborazione del cittadino che contribuisce a ricostruire la rete epidemiologica (secondo gli esperti, per essere efficace, l’app deve essere scaricata da almeno il 60% degli italiani), il Sistema sanitario deve essere velocissimo nell’effèttuare i test diagnostici“.

Già, è anche una questione di tempo. Se è vero, infatti, che l’app Immuni, essendo un sistema decentralizzato, consente di detenere i dati dell’utente nel suo dispositivo in una prima fase, è altrettanto vero che, nel momento in cui si riscontra un caso positivo, come si diceva all’inizio, le stesse informazioni sensibili iniziano a ‘muoversi’. E da questo momento in poi che, in modo particolare, si accendono i riflettori su tempi e modalità. Il principio da seguire – come ha spiegato la stessa Autorità Garante nell’audizione informale, in videoconferenza, lo scorso 8 aprile, in commissione Trasporti alla Camera dei deputati – è garantire “il minor ricorso possibile a dati identificativi, sia in fase di raccolta sia di conservazione'”. In altre parole, la soluzione del ‘diario dei contatti’ registrato nel cellulare dell’utente è stata considerata preferibile proprio perché così si è deciso di evitare la conservazione in banche dati di gestori, con tutte le criticità messe in evidenza dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea in tema di data retention.

“Gli Stati e i governi europei – ammette Soro – hanno sensibilità differenti. Alcuni Paesi hanno adottato soluzioni simili alla nostra, altri invece no”. Il traguardo di un software europeo che definisse criteri omogenei e comuni a tutti i Paesi europei non è stato raggiunto. Sfumato questo obiettivo, come è stato sottolineato qualche settimana fa dal Comitato Ue per la protezione dei dati personali (Edpb), la condivisione dei data tramite le app, di persone a cui è stato diagnostico il Covid-19, deve essere attivata solo su base volontaria. E, passaggio ancor più importante e delicato, secondo l’European Data Protection Board l’obiettivo dell’interoperabilità di tali strumenti adottati nei diversi Paesi europei non dovrebbe essere perseguito, proprio per evitare di estendere la raccolta di dati personali oltre ciò che è necessario. “La persona che risulta positiva al tampone – chiarisce il garante Soro – oltre ad adottare tutte le misure già previste dalle normative vigenti, potrà offrire ma solo volontariamente la catena dei propri contatti. È un’informazione che, però, diventa importante se molti utilizzano l’applicativo”.

Sotto questo aspetto, il giudizio del Garante è chiaro: “C’è una norma esplicita, prevista dalla disciplina generale: chi dovesse raccogliere i dati personali, non avendone titolo, compie un illecito trattamento degli stessi. Una pratica che può essere sanzionata sia a livello amministrativo sia penale”. Ecco perché secondo Soro non ha senso ‘tifare’ contro l’app Immuni che, secondo lui, ha garanzie sufficienti in materia di privacy. “Non capisco, anche dopo l’accoglimento di tutte le indicazioni del Garante (tra cui avere espresso come preferibile la tecnologia bluetooth che consente la ricostruzione a ritroso dei contatti, scartando al contrario l’opzione della geolocalizzazione, ndr) l’insistenza con cui molti, ancora, nonostante tutto, sollevano dubbi e scoraggiano i cittadini. È un atteggiamento che, di certo, non contribuisce a creare quel clima di fiducia che è fondamentale per rendere efficace lo strumento”.

Tutte le precauzioni sembrano essere state prese. E anche se il Comitato europeo per la protezione dei dati, in un documento contenente le linee guida sulle app di tracciamento, pubblicato ad aprile, dice con chiarezza che “tali strumenti possono comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone”, in Italia, secondo Soro, “l’App Immuni contiene garanzie sufficienti dal punto di vista della protezione del dato. Il rischio – taglia corto – è inferiore rispetto a quello generale che si corre tutte le volte che tali informazioni vengono trattate nella dimensione digitale”. In altre parole, l’app Immuni è stata promossa anche se, è vero, come ammette lo stesso Garante Soro, “dobbiamo mettere in conto sempre la possibilità remota che ci sia un hacker che, nonostante un sistema di sicurezza molto forte e solido come quello gestito da Sogei, tra i più affidabili e presidiato anche dal punto di vista militare, abbia la capacità di ‘bucare’ i! server. Tutto può capitare: anche il Pentagono ha subito un accesso abusivo”.

Fonte: Garante Privacy

Covid-19 e protezione dal contagio degli ufficiali giudiziari

26 Giugno 2020

La trasmissione degli elenchi dei positivi ai Tribunali non consente un’efficace tutela del personale ed è sproporzionata

Per assicurare il contenimento del contagio da Covid-19 e la protezione degli ufficiali giudiziari i Tribunali non sono tenuti a conoscere lo stato di salute dei soggetti cui notificare atti giudiziari, ma, come previsto dalle norme adottate dal Governo, devono predisporre adeguati dispositivi di protezione individuale.

E’ quanto ha precisato l’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali in una nota indirizzata al Ministero della Giustizia con cui ha fornito il suo parere in merito alla questione sollevata  da un’ azienda sanitaria di Verona, alla quale l’UNEP (Ufficio Notifiche Esecuzioni e Protesti) del Tribunale della stessa città aveva chiesto di poter avere quotidianamente gli elenchi aggiornati delle persone positive o sospette positive al Covid-19, dei soggetti in quarantena e dei loro conviventi, nonché a loro dislocazione.

Il Garante ha ritenuto che la disponibilità dei predetti elenchi delle Aziende sanitarie non risulta necessaria né all’esercizio delle funzioni attribuite all’UNEP, né alla protezione dal contagio del personale addetto alle notifiche.

Nel fornire la sua risposta, l’Autorità ha tenuto conto del fatto che, in assenza di una mappatura dell’intera popolazione in merito al contagio Covid-19, l’eventuale stato di positività dei destinatari degli atti potrebbe sussistere, seppure non ancora accertato.

Di conseguenza, in linea con le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, i Tribunali devono adottare le misure di protezione individuale, disposte dal Governo per i lavoratori a contatto con il pubblico, nei confronti di tutti gli operatori UNEP a prescindere dal fatto che essi accedono a locali ove è domiciliata una persona accertata Covid-19.

Occorre inoltre considerare, che anche ove tali elenchi fossero acquisiti spetterebbe ai tribunali una difficile opera di aggiornamento, tenuto conto che gli stessi sono in continua evoluzione sulla base dei risultati dei tamponi.

L’Ufficio del Garante si è comunque reso disponibile a interloquire con il Ministero della giustizia per trovare una soluzione che consenta lo svolgimento dei compiti degli UNEP assicurando, al contempo, la protezione dal contagio del personale impiegato e la riservatezza dei soggetti posti in isolamento domiciliare per Covid-19.

Fonte: Garante Privacy

Privacy, il Garante Soro: “Bene Immuni. Se le altre app non hanno valutato i rischi, interverremo” – Intervista ad Antonello Soro – La Repubblica

Parla il Garante per la protezione dei dati personali: “Le piattaforme online hanno troppo potere sui nostri dati. La questione va portata in Europa”. E poi: “Il ricorso a sistemi autogestiti e autoprodotti è avvenuto con poche garanzie”

Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali

(Di Arturo Di Corinto, La Repubblica, 5 giugno 2020)

L’app Immuni ha avviato la settimana di sperimentazione in quattro regioni, la ministra Paola Pisano ieri sera in audizione parlamentare ha chiarito gli aspetti del suo utilizzo e annunciato perfino un voucher di 300 euro per pagare la connettività Internet a chi non può farlo da solo.

Della norma riferita a Immuni il Parlamento si occupa già da due settimane, ma le opposizioni sono comunque sul piede di guerra tanto che la Lega ha disertato l’audizione. Sparuti ma aggressivi drappelli di critici dell’app di tracciamento nazionale continuano a puntare il dito contro il lavoro di Bending Spoons e dei 74 esperti, ma quasi nessuno discute dell’uso di decine di app regionali e comunali usate per la sorveglianza sanitaria. Come quella lombarda che nei termini di servizio chiarisce la sua funzione di controllo ad personam degli utilizzatori.

Ne abbiamo parlato con il Presidente dell’Autorità Garante della Privacy, Antonello Soro. E abbiamo cominciato proprio da qui. Presidente, ancora ci si chiede se Immuni manda i dati all’estero e se ci geolocalizza. Ma non lo fanno già le app regionali?

“Immuni non lo fa. Nelle prime settimane sotto la spinta emotiva, regioni, comuni e imprese hanno promesso il ricorso a un app salvifica usando come base giuridica l’ordinanza della Protezione civile recepita poi con decreto legge. Per alcuni è rimasto un progetto, altri ne hanno fatto uno strumento. Ma il ricorso a sistemi autogestiti e autoprodotti anche da società non italiane che hanno offerto tecnologie e servizi è avvenuto con poche garanzie”.

Complice l’opinione pubblica che non dava valore alla Privacy?

“L’Italia sembrava innamorata della Corea del Sud e della Cina. Le misure di contrasto tecnologiche apparivano giustificate e illustri virologi hanno detto che era un babbeo chi si preoccupava della privacy e chi la definiva una fisima”.

Ma poi l’atteggiamento è cambiato.

“Le forze politiche hanno preteso una norma primaria che attualmente è all’esame del Parlamento. Dalle agenzie apprendo che alcuni parlamentari non se ne sono accorti. Perfino il Copasir si è occupato del problema rivendicando la controllabilità di dati molto delicati”.

Grazie al vostro intervento: l’Autorità ha richiamato principi generali e declinato il comportamento virtuoso intervenendo anche nel Board europeo per un orientamento comune.

“Principi sovrapponibili a quanto avevamo detto in audizione nella Commissione trasporti: meglio il tracciamento dei contatti invece della geolocalizzazione, meglio la volontarietà, la gestione pubblica dell’app, i server pubblici, la controllabilità e la trasparenza e poi il sistema decentralizzato, la pseudonimizzazione, fino al parere sulla norma e le misure di sicurezza”.

Così siamo arrivati a un prodotto la cui unica finalità è il tracciamento dei contatti.

“Questo perché in un tempo di emergenza è possibile usare tecnologia anche per limitare i diritti ma il suo impiego deve essere proporzionato e a termine, lo dicono sia la Costituzione italiana che il Regolamento europeo. Parliamo di sostenibilità democratica. Mi pare che ci siamo riusciti”.

Ma continuano le polemiche.

“È legittimo esprimere giudizi critici ma devono essere frutto di una conoscenza puntuale del tema e sulla base di argomenti concreti. In un momento difficile come questo alimentare sfiducia e assecondare gli umori negativi non serve, soprattutto per chi ha responsabilità verso il Paese, e questo vale pure per il mondo dell’informazione. Il mio appello è di non dare giudizi sommari decontestualizzati e privi di fondamento”.

Sì, ma il problema dell’invasività delle tecnologie è un tema vero, non crede?

“Il ricorso necessitato alle tecnologie di distanza ha fatto crescere la confidenza degli italiani in una dimensione prima percepita solo come ludica e virtuale. Adesso è tempo di porre con forza il tema della dimensione digitale e il ricorso massiccio alle piattaforme online dovrebbe farci pretendere una maggiore garanzia di sicurezza per tutte le attività più rilevanti: si pensi al processo penale, alle riunioni del Consiglio dei ministri fino al consiglio comunale, alle attività di Camera e Senato”.

Cosa vuole dire?

“Le piattaforme che usiamo hanno una natura non direttamente controllabile. Bisogna aprire una discussione su questo. Bisogna promuovere una forte regolazione del digitale sia in Italia che in Europa, per proteggere i dati più rilevanti, dal dato sanitario a quello fiscale a quello che riguarda la sicurezza nazionale, e bisogna costruire garanzie ulteriori. Lo dico sommessamente, ma non possiamo sfuggirgli”.

Vuole regolare le piattaforme? E come?

“Io dico che la dimensione digitale è cresciuta in maniera anarchica, guidata dai privati, e con regole molto lasche anche quando c’è stato un rilevante uso pubblico degli strumenti digitali. Per questo il primato del pubblico va riesaminato. I dati che circolano sono i dati riferiti alla nostra persona e il primo punto è proteggere la persona digitale. Per questo ci vuole un supplemento di iniziativa”.

Il Gdpr ha avviato un processo globale di regolazione informato ai suoi principi generali. Eppure il punto di debolezza è il one stop shop (il trattamento delle controversie nel paese dove le imprese hanno lo stabilimento principale).

“Nessuna nazione, anche grande, può pensare che la gestione di procedure rilevanti a livello transnazionale possa essere affidata a un singolo paese. Quindi l’interlocutore delle grandi piattaforme dovrebbe essere una struttura con poteri e strumenti ad hoc come l’Europa. Per affrontare i giganti del web non basta una piccola Autorità con poche decine di dipendenti. L’Unione Europea ha dato al Board per la protezione dei dati personali un potere nuovo e strumenti nuovi. Dobbiamo andare avanti su questa strada”.

Insomma la gestione del rapporto con Big Tech deve essere europea. Presidente, sappiamo che Max Schrems, attivista per i diritti che ha dato tanti grattacapi a Facebook ha scritto ai presidenti delle Autorità per la privacy una lettera di rimostranze su come l’Irlanda gestisce le segnalazioni di violazione della privacy. Si riferisce a questo?

“L’Italia ha sollevato questa discussione nel board. Ma, come nel caso di TikTok, non vorremmo che “dal porto sicuro” per le aziende si passasse al “porto delle nebbie”.

Possiamo tornare al tema delle app regionali? Sono una decina, che fine faranno adesso che c’è Immuni?

“Molte delle app sono rimaste a livello progettuale, nate sull’onda emergenziale e con interpretazioni troppo estese anche in base al Dpcm citato. Oggi che esiste una norma che definisce le modalità di tracciamento voglio ribadire che parliamo di tracciamento dei contatti e non di tracciamento delle persone e che non possono raccogliere dati sulla salute se non si rispetta la norma primaria invocata in coro in parlamento”.

Ma sembra che le Regioni vadano per conto proprio. Come escludere che ci siano dei rischi per la privacy?

“Nel nostro ordinamento ora esiste un principio di “accountability”, di responsabilità, per cui chi mette in piedi sistemi di tracciamento deve fare una valutazione di impatto che il Garante valuterà, anche nel prossimo futuro. Se la valutazione non è stata fatta su misura dei rischi, interverremo”.

Però lei Presidente è in regime di prorogatio.

“Giusto, c’è un tempo per iniziare e un tempo per finire. Entro due mesi dalla fine dell’emergenza verranno nominati i nuovi componenti dell’Autorità Garante per la Privacy. Immagino in agosto”.

Nel frattempo non si placano gli attacchi informatici alla Sanità. Prima lo Spallanzani, poi il San Raffaele, l’altro ieri anche la Regione Lazio attaccata dagli Anonymous.

“Su questi ultimi casi riportati da voi di Repubblica ci sono istruttorie aperte. Il San Raffaele ha notificato l’incidente ma non posso parlarne. Sono tuttavia convinto che il tema della protezione dei dati più rilevanti e delicati in termini di cybersecurity vada considerato nella sua interezza. Qualunque server è vulnerabile, anche i più importanti, perciò va fatta una verifica generale. Tenga presente che i dati sulla salute valgono doppio dal punto di vista economico e della privacy. Nel mercato nero dei dati quelli sulla salute sono i più preziosi”.

Fonte: Garante Privacy

Parere su uno schema di decreto relativo ai trattamenti di dati personali effettuati tramite il Sistema Tessera Sanitaria (Sistema TS) nell’ambito del Sistema di allerta Covid-19

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il dott. Antonello Soro, presidente, la dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, la prof.ssa Licia Califano e la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e il dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito Regolamento);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, di seguito “Codice”);

VISTO il decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, recante “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19”;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il dott. Antonello Soro;

PREMESSO

Con nota del 29 maggio 2020 (prot. n. 77692), il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha trasmesso, per il previsto parere, uno schema di decreto, da adottare di concerto con il Ministero della salute, relativo ai trattamenti di dati personali effettuati tramite il Sistema Tessera Sanitaria (Sistema TS) nell’ambito del Sistema di allerta Covid-19 di cui all’art. 6, comma 1 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28.

RILEVATO

Lo schema di decreto inviato al Garante prevede che il Sistema TS renda disponibili agli operatori del Dipartimento di Prevenzione delle ASL, anche tramite i Sistemi di Accoglienza Regionale (SAR), le funzionalità per la trasmissione di alcuni dati al Sistema di allerta Covid-19. A tal fine, lo schema di decreto prevede che, in caso di esito positivo di un tampone, l’operatore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale competente contatti il paziente per effettuare l’indagine epidemiologica, che prevede anche la verifica dell’installazione dell’applicazione di cui all’art. 6, comma 1, del decreto legge n. 30 aprile 2020, n. 28 (di seguito “App”). Se il paziente ha installato la predetta App, gli sarà richiesto di utilizzare la funzione di generazione del codice OTP che il paziente comunicherà all’operatore; a questo punto, ottenuta l’autorizzazione, il sistema procederà con il caricamento sul server di backend del Sistema di allerta Covid-19 delle chiavi crittografiche casuali (Temporary Exposure Key) generate dal dispositivo mobile su cui è installata l’App (art. 2 dello schema di decreto).

Secondo quanto indicato nello schema di decreto, l’operatore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale competente, dopo aver acceduto al Sistema TS, anche tramite i SAR, con le credenziali in suo possesso e in virtù del particolare profilo di autorizzazione attribuito, inserisce i dati forniti dal paziente (codice OTP e data di inizio dei sintomi) che saranno inviati dal Sistema TS al server di backend del Sistema di allerta Covid-19 con le modalità descritte nell’Allegato A al decreto (art. 2, commi 3 e 4 dello schema di decreto).

In merito ai descritti trattamenti effettuati dal Sistema TS, il Ministero dell’economia e delle finanze è designato Responsabile del trattamento da parte del Ministero della salute (art. 28 del Regolamento e art. 2, comma 7 dello schema di decreto).

La valutazione di impatto relativa ai trattamenti di dati personali posti in essere tramite il Sistema TS nell’ambito del richiamato Sistema di allerta Covid-19 è stata effettuata, conformemente all’art. 35, par. 1 del Regolamento, unitamente a quella relativa al complesso delle operazioni effettuate mediante il predetto Sistema di allerta Covid-19 (art. 2, comma 8 dello schema di decreto).

Lo schema di decreto trasmesso all’Autorità è stato formulato anche sulla base dei rilievi e delle indicazioni fornite dall’Ufficio nel corso di alcune riunioni e interlocuzioni.

Lo schema di decreto trasmesso si compone di 2 articoli, relativi al quadro definitorio (art. 1) e alla trasmissione dei dati dagli operatori sanitari per il tramite del Sistema TS (art. 2), nonché di un allegato tecnico relativo alle “Modalità di trasmissione dei dati dagli operatori sanitari per il tramite del Sistema” (Allegato A allo schema di decreto).

OSSERVA

Lo schema di decreto in esame definisce le modalità del trattamento dei dati personali effettuato tramite il Sistema TS nell’ambito del Sistema di allerta Covid-19 di cui all’art. 6, comma 1 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28.

Le misure indicate nello schema di decreto in esame completano l’individuazione dei dati personali raccolti dall’App necessari ad avvisare gli utenti della stessa di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al COVID-19 che sono stati determinati dal Ministero della salute e specificati nell’ambito della valutazione di impatto presentata al Garante contestualmente allo schema di decreto in esame (art. 6, comma 2, lett. b), d.l. n. 28/2020).

Al riguardo, l’Ufficio, nel corso delle interlocuzioni con il Mef e con il Ministero della salute, ha fornito il proprio contributo affinché, seppur con l’urgenza connessa al contesto emergenziale, le soluzioni individuate fossero rispettose della disciplina in materia di trattamento dei dati sulla salute.

Con specifico riferimento al trattamento dei dati personali effettuato tramite il Sistema TS nell’ambito del Sistema di allerta Covid-19, è stata richiesto che fosse specificamente demandato all’operatore di sanità pubblica il compito, in caso di esito positivo di un tampone, di contattare il paziente per effettuare l’indagine epidemiologica che prevederà anche la verifica circa l’eventuale installazione dell’App.

Ciò in conformità alle disposizioni di settore, adottate anche nel contesto emergenziale in atto, che attribuiscono proprio ai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali il compito di ricostruire la filiera dei contati stretti del soggetto risultato positivo al Covid-19 e di determinare le misure di contenimento di contagio più opportune (art. 3, comma 6, d.p.c.m. 8 marzo 2020, Circolare n. 5443 del Ministero della salute del 22 febbraio 2020, e successive modificazioni e integrazioni).

L’Ufficio ha inoltre rappresentato la necessità che, con riferimento ai trattamenti effettuati tramite il Sistema TS nell’ambito del Sistema di allerta Covid-19, il Mef sia designato Responsabile del trattamento ai sensi dell’art. 28 del Regolamento.

Nell’ambito della predetta collaborazione istituzionale, l’Ufficio ha espresso inoltre alcuni rilievi tecnici relativi, in particolare, alle procedure di autenticazione informatica per l’accesso alla predetta funzionalità del sistema TS da parte degli operatori sanitari, alle informazioni memorizzate nei file di log e al relativo periodo di conservazione. Ulteriori rilievi sono stati formulati con riferimento alle procedure di autenticazione informatica per l’accesso al sistema TS da parte dei c.d. “amministratori di sicurezza”, alle informazioni memorizzate nei file di log degli accessi e delle operazioni compiute dagli amministratori di sistema e al relativo periodo di conservazione. Le indicazioni sono state volte anche a rendere omogenee a livello nazionale le predette misure.

Ciò premesso, rilevato che lo schema di decreto in esame tiene conto delle indicazioni fornite dall’Ufficio, non vi sono rilievi da formulare, sotto il profilo della protezione dei dati personali.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 58, par. 3, lett. b), del Regolamento, esprime parere favorevole sullo schema di decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare di concerto con il Ministero della salute.

Roma, 1° giugno 2020

Fonte: Garante Privacy